
Il progetto suolo nasce dalla necessità di promuovere e
valorizzare la Riserva Naturale Orientata "Monte Cammarata" e
l'area naturale Parco "Salaci", (Sito d'Interesse Comunitario).
Perchè si possa arrivare ad una promozione, necessita
inizialmente una conoscenza in toto del territorio e delle
specie in esso esistenti.

Il progetto, sin dalla sua stesura, si pone l'obiettivo di
favorire la conoscenza dei luoghi attraverso una campagna
d'informazione. "Quando arriva la conoscenza, arriva anche la
memoria" cita Gustav Meyrink. Infatti la conoscenza porta l'uomo
ad una maggiore consapevolezza e ad apprezzare, amare e
preservare ciò che gli è stato donato gratuitamente: "la
natura".
Occorre partire dunque dalla conoscenza, per arrivare
alla memoria di quello che è stato per anni il rapporto
intrinseco dell'uomo con la natura. Un rapporto che si esplica
attraverso il rispetto, la difesa e l'impiego al meglio delle
risorse da parte dell'uomo.
Con questo orientamento è possibile evitare abitudini
ed atteggiamenti, che possono alterare gli equilibri
dell'ambiente naturale.
Il progetto si
articola in tre fasi:
-
la prima fase
si incentra sulla ricerca dei dati: il suolo, il territorio,
la Riserva naturale orientata, i siti d'interesse
comunitario, le specie floristiche, faunistiche e quant'altro
si trova vocazionalmente nel sito oggetto di esamina.
-
la seconda
riguarda la creazione di una banca dati, nella quale
raccogliere e catalogare i dati raccolti dopo averli divisi
per settore e/o specie.
-
la terza si
indirizza verso la promozione e la diffusione del progetto
attraverso la creazione di un Museo Telematico, per favorire
la divulgazione dei risultati raccolti, che saranno resi
disponibili attraverso il sito:
http://RNOmontecammarata.promotour.org nella quale sono
pubblicate dettagliatamente le diverse attività progettuali
e le pagine di informazione
A conclusione di
tutto ciò, ci si augura che la creazione del sito sulla Riserva
naturale orientata "Monte Cammarata" - Parco Salaci possa essere
un vero strumento di qualificazione del territorio.
Panepinto Pietro
Francesco

Dove le azioni
combinate dell’atmosfera, della idrosfera e della biosfera
agiscono sulla litosfera, si forma il suolo.
Corpo naturale caratterizzato da
specifiche proprietà fisiche, chimiche, mineralogiche,
biologiche e da una particolare dinamica interna dell’acqua che
lo fanno differenziare dalle rocce da cui ha origine,resta
delimitato dall’aria come limite superiore, dalla roccia madre
inalterata come limite inferiore e lateralmente o dalle acque
permanenti, dai ghiacciai o dalla roccia affiorante.
Nell’eccezione più generale, il suolo
costituisce il mezzo che permette alle piante ed agli animali,
di vivere e di svilupparsi ed all’uomo di svolgere tutte le sue
attività. Così, di volta in volta il suolo viene visto come
mezzo di produzione agricola e forestale; sede di insediamenti
urbani ed infrastrutturali; luogo di svago e di sport: fonte di
approvvigionamento di materie prime; in sintesi fonte di vita.
Il suolo, insieme all’aria ed
dell’acqua, completa la triade delle risorse naturali
fondamentali per la vita sul pianeta terra.
L’uomo è intimamente legato al
suolo. Possiamo senza dubbio affermare che il livello di
conoscenza e di tecnologia raggiunto dall’uomo nelle varie
epoche si riflette nel differente concetto di suolo che egli;
nel tempo, ha sviluppato.
Questa relazione appare
immediatamente evidente dalla analisi della evoluzione che, nel
corso dei secoli, ha subito il concetto di suolo.
E’ verosimile che nel
Paleolitico, l’uomo vide nel suolo un supporto inerte che gli
consentiva il libero movimento da luogo a luogo e che gli
forniva, gratuitamente, i mezzi necessari per la sua assistenza.
Fu nel Neolitico che cambiando le
sue abitudini di nomade per passare ad un sistema di vita
stanziale, ebbe bisogno di servirsi di rudimentali attrezzi per
svolgere le più semplici pratiche agricole. Ben presto si
accorse che l’uso di strumenti idonei consentiva di ottenere
prodotti in quantità maggiore di quelli che il suolo forniva
naturalmente.
Si ritiene che nel vecchio
Continente, il passaggio dal sistema “cibo-raccolto”al sistema
“cibo-prodotto”, avvenne circa 9.000 anni fa, lungo i fianchi e
le vallate dei monti Zagros, al confine fra Iran e Iraq, mentre
nel nuovo mondo sembra avvenne nella valle di Tehucan, nel
Messico meridionale, meno di 6.500 anni fa, come testimoniano
alcuni ritrovamenti di specie progenitrici del mais.
E’ quella che Braidwood chiamò
“la rivoluzione agricola”.
Il passaggio da un sistema di
vita nomade (uomo-cacciatore) ad un sistema di vita stanziale
(uomo-agricoltore), fu sicuramente accompagnato da un mutato
concetto di suolo; sia pure in forma embrionale dovette apparire
chiaro che il suolo non è un mezzo inerte ma, nasconde in se
potenzialità produttive differenziate in funzione di parametri
che sono variabili da luogo a luogo. Questo concetto avrà avuto
conferma nell’affermarsi della pratica irrigua. Sarà allora
apparso chiaro che non esisteva il suolo, bensì esistevano suoli
differenti, con differenti gradi di fertilità e con differenti
capacità produttive, tanto che in Cina, circa 4.000 anni fa,
l’ingegnere cinese Yu, stilò una classifica dei suoli che si
articolava in nove classi alla cui base stavano le differenti
capacità produttive dei suoli e attraverso le quali si stimava
un reddito potenziale che veniva tassato di conseguenza.
Con la stessa finalità,
nell’antico Egitto venivano distinti i suoli più fertili,
adiacenti al corso del Nilo dai meno fertili che si trovano ad
una maggiore distanza e che più raramente traevano beneficio
dalle periodiche inondazioni del fiume.
Il più vecchio documento nel
quale si da pieno risalto al suolo come mezzo di produzione è
forse il “Kelevala”, poema epico finlandese vecchio di 3.000
anni. In esso si legge che l’eroe Pellerwoinen, nelle vesti di
dio del vento disperde semi di piante mostrando di conoscere
perfettamente le esigenze edaficate di diverse specie: “sparge i
semi di picea sulle montagne, quelli di pino sulle colline,
nelle paludi semina le betulle, nei luoghi acquitrinosi gli
ontani, nelle valli i tigli, sui terreni umidi pianta i salici,
sulle rive dei corsi d’acqua i biancospini e sui dossi i
ginepri…”.
Poche indicazioni sono arrivate,
sul concetto di suolo, dalla Grecia classica. “Il suolo serve
alle piante come lo stomaco agli animali” scriveva Ippocrate.
Nella concezione di aristotelica
dell’Universo vi erano quattro elementi che permanevano di se
tutte le cose: il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra. Questi
erano fra di loro in opposizione, originando qualità attive
(come caldo e freddo) e qualità passive (come secchezza e
umidità). La terra veniva differenziata, sulla base delle
opposte qualità in: calda e fredda, asciutta e umida, pesante e
leggera, dura e soffice.
Teofrasto, allievo di Aristotele,
diede al suolo il nome di “ edaphos”, per distinguerlo dalla
terra come corpo cosmico. Egli riconobbe nell’edaphos uno strato
di superficie ricco di materia organica, un sottosuolo come uno
strato denso capace di rifornire di elementi nutritivi le radici
delle erbe e degli arbusti, un substrato capace di fornire un
succo nutritivo alle radici degli alberi. Al di sotto c’era il
Tartaro, il regno delle tenebre. Oltre a descrivere numerose
proprietà dei suoli che influenzavano i vegetali, egli riconobbe
sei gruppi di terreni adatti per differenti tipi colturali.
Una chiara evidenza che il suolo
era guardato come mezzo per la crescita delle piante, si evince
anche dagli scritti degli antichi Autori latini.
Catone il vecchio, nel dare
consigli per l’acquisto di una azienda agricola distingueva in
ordine decrescente di merito nove tipi di apprezzamenti: il
primo era un buon vigneto e l’ultimo un boschetto ove gli
animali potevano pascolare liberamente. Fra questi due estremi
vi erano un giardino irriguo, un’oliveto un prato e tipi
decrescenti di seminativo.
Varrone circa 100 anni più tardi
riprese la distinzione fatta da Cotone per la valutazione dei
suoli in base alla loro adattabilità per colture differenti.
Definì il suolo come “l’elemento in cui i semi vengono seminati
e germinano”: sostenne l’importanza di determinare se i suoli
sono ricchi, poveri o discreti. I suoli ricchi, sopportano tutti
i tipi di piante, possono essere lavorati regolarmente e
forniscono buoni raccolti. Tali caratteristiche risultano meno
spiccate passando ai suoli discreti e ai suoli poveri.
Circa un secolo dopo la morte di
Varrone, Lucio Moderato Columella elaborò quello che può essere
definito il primo tentativo di classificare i suoli con finalità
prettamente agronomiche. Nel secondo libro del “De Re Rustica”
riporta una classificazione delle differenti qualità del
terreno. Columella propone una suddivisione dei suoli in tre
generi distinti per giacitura: suoli di pianura, di collina e di
montagna; ciascun genere viene a sua volta suddiviso in sei
classi distinte per qualità: suoli magri, grassi, sciolti,
forti, umidi, asciutti. Il “De Re Rustica”, per il sistematico
quadro agronomico tracciato e per la scrupolosità della
trattazione, costituirà un caposaldo di riferimento agronomico
attraverso tutto il Medio Evo e fino all’avvento dell’era
moderna.
Occorre comunque sottolineare che
già nel tardo Medio Evo il dotto arabo Al Awam, vissuto a
Siviglia, nella sua opera “Il Libro dell’Agricoltura” scriveva:
“conoscere i suoli è il primo punto dell’agronomia” e aggiungeva
che “con il tempo la pietra passa allo stato argilloso a seguito
dell’azione del sole e della pioggia. Il sole dissecca la pietra
e ne divide le parti come farebbe il fuoco; interviene
successivamente la pioggia che asporta quelle parti che sono più
fini, così che alla lunga, la massa corrosa passa allo stato
terroso”.
Questo concetto in buona sostanza
costituisce il concetto-base della pedogenesi, non si diffuse,
purtroppo, in Europa e ciò sostanzialmente per due motivi: Al
Awam scriveva in arabo e, fatto principale, le idee di un
“infedele” non potevano essere prese in considerazione dal
cattolico mondo europeo.
Ancora nel 1755, Francis Home,
agronomo inglese, nel trattato “I principi dell’agricoltura e
della vegetazione” distinse il terreno sulla base della sua
capacità a produrre in: terra nera, terra argillosa, terra
sabbiosa, terra sartumosa, creta e tufo, mentre, all’inizio
dell’ottocento, gli “umisti”, sostenendo che “la fertilità del
terreno dipende in pratica dall’humus, poiché oltre all’acqua è
il solo a fornire nutrimento alle piante” (Thaer), negavano al
suolo ogni ruolo attivo. Liebig, considerava il suolo come un
recipiente di nutrienti, paragonabile ad una banca in cui il
denaro va depositato prima di essere prelevato. Il suolo fu
quindi visto ancora una volta come supporto inerte.
“Tratto da
appunti di pedologia forestale, del Prof. Carmelo Dazzi, docente
di pedologia, Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di
Palermo” |